Acquilaggio, Amorancora, Illustronauta, Malincospazio, Scalalena. Sono solo alcune delle parole inedite illustrate da Momusso ed esposte e Paratissima, ed è proprio qui che le ho scovate, lasciando che mi trasportassero in orbita in un piccolo universo. Un universo chiamato Momusso.

Una foto pubblicata da Martina Lorusso (@momusso) in data:


Momusso o Martina Lorusso è una ragazza dall’aura antica, capace di farti assaporare l’essenziale attraverso illustrazioni e fotografie, ma anche parole che coniuga magistralmente, con una purezza che ti spiazza e coinvolge in un attimo.

È così che è nata l’idea di intervistarla, fare quattro chiacchiere con lei per permettere a sempre più persone di approdare in un’isola felice, fatta d’ispirazione e piacere nel godere delle cose belle. E il risultato è bello anche lui.

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Momusso: identificati!

Mi chiamo Martina. Sono metà pugliese e metà veneta. Sono nata a Roma e ho vissuto a Terni fino ai 21 anni.

Per identificare la mia esistenza fino a oggi e il risultato di quello che sono, posso parlarti di tanti “arrivederci” e di amore.

Arrivederci perché i miei traslochi e mille addii ai panorami mi hanno sempre portato ai saluti, cambiandomi profondamente. Innamorata delle cose impossibili e dei treni presi in fretta.

Amore. Ho amato le campagne della mia infanzia; il mio cane Isotta; ho amato l’altalena sotto casa e le melanzane ripiene di nonna. Amo mio padre che mi ha insegnato a guardare più in là; mia madre perché mi ha insegnato a cadere e a rialzarmi. Amo mia sorella che ci ha messo un po’ a ritrovare se stessa, ma ci è riuscita.

Poi mi caratterizzano le coincidenze della vita; le distanze e il gioco assurdo di equilibri.

Lo dobbiamo a una coincidenza se ora ci troviamo qui a parlare. Le coincidenze “significative”, come direbbe Jung, mi hanno spinta a fare sempre ciò che sentivo giusto fare, a scegliere. Le distanze le suddivido in mentali e in fisiche. La distanza mi spinge a cercare, a essere spugna di emozioni.

In passato ho sbattuto la testa molto forte. Sono rimasta stordita per due anni. Ho capito che la cura per quell’amore finito era il lavoro. Mi sono data all’illustrazione e ai sogni lucidi. Spinta sempre dalla voglia di superare i miei limiti: la consapevolezza di non saper disegnare – come accade del resto anche ad alcuni noti pittori – e nell’essere caratterialmente distratta. Dar forma al proprio dolore significa accettarlo e farlo amico. Ringrazierò sempre questa persona che mi ha reso la vita difficile e che me lo ha per fatto scoprire.

Riferimenti: Bruno Munari, Franco Battiato e Carl Jung.

Film preferiti: La notte di Antonioni, Waking life di Linklater e Fantasia della Disney.

Mi nutro di: musica, pizza e viaggi in treno.

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Come trascorri una tua giornata tipo?

Sveglia alle 8.00, caffettiera da due e il tempo di berla faccio un disegno. Diciamo che il caffè è un buon pretesto per avere più tempo a disposizione. Cerco di fare la tesi, è dura perché come ho detto sono distratta. Esco di casa per andare a lavoro e avvio la playlist “Metro”. Metro fino in Duomo e tram. Nel pomeriggio mi dedico allo studio e ai lavori come freelance. Non so cucinare quindi trovo sempre delle ottime alternative grasse (pizza, patatine e dolce). Le mie coinquiline sono il mio sfogo e la mia certezza quotidiana. Dopo cena o disegno o mi guardo Scrubs perché rimette tutto al suo posto e cerco di fare sogni lucidi.

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Di cosa non potresti fare assolutamente a meno?

Di drammi sentimentali, del mio dito (uso il trackpad), dell’odore di polpette al sugo, del pane appena sfornato, di uno sguardo complice, del silenzio condiviso, di analizzare ogni cosa e di immergere la mano nella sabbia.

Non potrei fare a meno del mio passato, dei miei amici lontani e vicini. Dei ritorni e degli abbracci. Le coccole sotto al piumone. Dormire abbracciati. Un giro al museo o un concerto in solitaria. Non posso fare a meno del coraggio di buttarsi a capofitto in qualcosa. La testardaggine è di famiglia.

Quando lavoro in tranquillità, con musica e caffè.

Qual è il tuo più grande amore?

Il mio più grande amore è la grafica. L’illustrazione è un amore ancora giovane, nato da appena due anni. In maniera discreta mi ha cambiata e continua a farlo costantemente. Ho una pila di agendine piene di disegni. Tutti neri. La fotografia è stato il mio primo amore. Dopo aver sbattuto la testa ho rivalutato tutto. Ora le mie tre passioni convivono in equilibrio.

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Da dove nasce il Vocabolario Sentimentale?

Era intorno metà agosto. Ero tornata a casa, a Terni. Stavo a cena con una delle mie certezze, Silvia. La finestra era aperta e mi ricordo un forte odore di gelsomino. Mentre parlavamo di come fossero assurde le parole abbiamo deciso di fare un esercizio orale, utilizzando parole inventate e dando loro un possibile significato. E’ stata una cosa naturale. Il vocabolario nasce dall’esigenza di analizzare ciò che provo. Di capire gli altri e di riuscire a comunicare con loro usando l’empatia.

Siamo costantemente bombardati dalla comunicazione tanto da staccarci completamente dalla realtà per paura di restaurare un rapporto vero. Si ha paura di pronunciare parole, di spiegarsi e di non essere compresi. Una costante ansia condiziona le nostre scelte. Ho pensato, in maniera ingenua, che con tutte le sensazioni che proviamo durante il giorno, sarebbe impossibile pensare di potersela cavare con le semplici parole che abbiamo a disposizione. Prendi ad esempio l’attesa alle poste: un malessere specifico, che puoi provare solo in quel luogo. Allora ho pensato a “postitudine” e mi sono immaginata un discorso “Ciao, guarda oggi ho la “postitudine” oppure “Sono postipato”. Solo così l’altro potrebbe capirmi alla perfezione. Poi devo dire che la lingua italiana in questo è formidabile: ci concede sempre delle soluzioni alternative e creative. Una ricchezza infinita.

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Qual è il progetto di cui vai più orgogliosa?

Non sono mai orgogliosa in senso pieno. A distanza di tempo di un lavoro ne vedo i difetti. Mi dico che ora lo farei in maniera diversa. Sono in costante divenire. Ma quando ho presentato “Vocabolario Sentimentale” a Torino, mi sono resa conto che le persone davanti alle illustrazioni e alle parole ridevano, si riconoscevano, cercavano di trovare un senso attraverso il proprio bagaglio esperienziale. Molti ragazzi mi hanno mandato la loro parola, il loro sentimento da raffigurare. Ne sono loro grata. Mi ritengo testimone e custode di “battiti di parole” preziose e rare, che vengono dal cuore e che, proprio per questo, sono condivisibili.

Ma è il progetto che ho nella testa e che deve ancora uscire quello che mi rende sempre più orgogliosa. Non si finisce mai: tutto scorre e continuerà a scorrere.

Qual è la tua più grande fonte di ispirazione quotidiana?

Il ricordo.

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Cosa vuoi fare da grande?

Riuscire a conquistare la libertà per poter essere me stessa. E questo indipendentemente da quello che farò. So con certezza che sarà una conquista difficile, ma forse è proprio per questo che ne vale la pena.

Qualche spoiler sui tuoi prossimi progetti?

Qualcosa bolle in pentola e alcuni lo sanno. Per ora non voglio entrare in particolari.
Solo un piccolo indizio: un progetto che, spero presto, si possa toccare e sfogliare con mano, magari su un treno e sulla metro, E, perché no: anche in fila alle poste.