Ieri il web è stato in subbuglio per un triste avvenimento che ha sconvolto la coscienza di molti: il suicidio di Tiziana Cantone. Non avevo idea di chi fosse questa ragazza, ma è bastato qualche clic per scoprirne la storia.

In sintesi, Tiziana nel 2015 è diventata una “star del web” – così la definiscono i media – a causa di alcuni video hard girati con l’amante in cui, inoltre, provocava il proprio fidanzato. Video che lei stessa avrebbe fatto circolare su whatsapp, dal quale sarebbero poi trapelati per diventare virali nel web.

Proprio questa viralità è costata cara a Tiziana, che messa alla “gogna” mediatica e ridicolizzata dagli utenti e dalle stesse testate online ha deciso, dopo una sequela di interventi legali e vicissitudini, di farla finita con un gesto estremo.

Come sempre accade, anche questa volta il web si è diviso in due: chi si è schierato dalla parte di una ragazza che, peccando di ingenuità, ha visto sfuggirgli dalle mani un troppo audace tentativo di ripicca, e chi ha sostenuto che se lo fosse meritato, perché “è questo che succede quando fai la tro*a”.

Tra questi ultimi un utente in particolare è diventato suo malgrado popolare: un certo Antonio Foglia, musicista dell’Orchestra di Salerno, che ha commentato la vicenda in modo a dir poco inappropriato. Come ha fatto il suo commento ad emergere dalla massa? Perché ha avuto la sfortuna di essere apostrofato da Selvaggia Lucarelli, che con lo screenshot più veloce del West ha fotografato il post incriminato prima che fosse cancellato, consacrandolo all’immortalità.

Tiziana, Antonio, Selvaggia, Luise: il cyberbullismo che ci rende tutti uguali

Io non seguo la pagina di Selvaggia, per cui è stato un mio amico a farmi notare il post in cui la giornalista attaccava pesantemente il tale Antonio, invitando gli utenti a fare altrettanto. Questo mio amico mi ha chiesto cosa ne pensassi, e io ci ho pensato. Ho riletto lo scambio di commenti in questione, e ho dovuto ammettere che un pensiero prevaricava sugli altri: “Ben gli sta”. In fondo solo uno stronzo può scrivere cose del genere su una donna e su una suicida, e merita di passare perlomeno un brutto quarto d’ora.

A questo punto il mio amico mi dice: ma non è lo stesso atteggiamento che ha segnato le sorti di Tiziana? Cambiano i soggetti, ma sempre di gogna si tratta. Bè, sì, però, è diverso. Insomma lui è uno stronzo. Cioè, non è proprio la stessa cosa. Insomma, “se l’è meritato” è l’unica frase che mancava all’appello.

La verità è che sono tutte cazzate. Lo sapevo mentre lo dicevo e me ne rendo conto ancor di più adesso, di fronte alla notizia che il clamore scatenato dalla Lucarelli è costato allo sconsiderato idiota  di turno il posto di lavoro e una valanga di insulti sul web, per non parlare degli articoli online spuntati come funghi.

Perché il sottile confine tra “indignazione” e “cyberbullismo” o “gogna” è ogni giorno più labile e, soprattutto, non risparmia nessuno, né dall’esserne vittime né dall’esserne promotori.

Ci dovrebbe essere molta differenza, invece, tra il considerare una persona uno stronzo e augurargli il peggio nella vita, suggerirgli di ammazzarsi, e via dicendo (perché questo è accaduto tra i commenti che si sono susseguiti nel post della Lucarelli). Perché uno può essere stronzo, ma se tu gli auguri di morire, quanto sei diverso da lui?

E questa è una lezione che dovremmo imparare tutti, per prima io, perché quando si tratta di cyberbullismo siamo tutti uguali, siamo tutti carnefici e potenziali vittime.

Tiziana, Antonio, Selvaggia, Luise: il cyberbullismo che ci rende tutti uguali

Concludo questo piccolo sfogo/meaculpa con un’iniziativa che mi ha molto colpita: This was Luise’s Phone, l’esperienza interattiva promossa dal papà di una ragazzina francese, Luise, alla quale il bullismo è costato la vita. Dopo la sua morte, il padre di Luise ha scovato il suo cellulare ed è rimasto spiazzato nel leggerne i messaggi: tutti insulti e istigazioni da parte di coetanei i quali avevano arbitrariamente scelto la vittima sacrificale della loro adolescenza.

Puoi trovarli tutti navigando nel sito, per provare per pochi attimi sulla tua pelle cosa possa voler dire essere vittima di bullismo. Perché anche in questo caso basta un pizzico di empatia per renderci conto che non siamo poi così diversi gli uni dagli altri.